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RIFORMA PENSIONI 2016

A seguito del confronto avviato presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in data 24 maggio 2016, Governo, CGIL, CISL e UIL con il presente verbale sintetizzano gli elementi di fondo emersi nel corso di una discussione approfondita e circostanziata sulle problematiche aperte in campo previdenziale, una discussione che ha fatto emergere un giudizio articolato da parte dei soggetti del confronto e che per le OO.SS. non esaurisce gli elementi della loro piattaforma. In particolare, al fine di favorire l’equità sociale, di aumentare la flessibilità delle scelte individuali, di eliminare gli ostacoli alla mobilità lavorativa e di sostenere i redditi da pensione più bassi, il Governo e le OO.SS. concordano sull’obiettivo di adottare alcune delle misure elencate di seguito già a partire dalla prossima legge di bilancio (“fase I”) e di tenere aperto un confronto costruttivo e di merito su ulteriori interventi di riforma previdenziale nel corso del 2017 (“fase II”).

FASE I

 Il Governo e le OO.SS. concordano sull’obiettivo di sostenere i redditi medio-bassi da pensione (punti 1 e 2).

  1. Riduzione delle imposte sulle persone fisiche per i redditi da pensione

 Completando il percorso avviato con la scorsa Legge di Stabilità partendo dai pensionati con più di 74 anni, si prevede l’aumento della detrazione d’imposta (riconosciuta fino a 55.000 euro) per tutti i pensionati al fine di uniformare la loro no tax area a quella dei lavoratori dipendenti (8.125 euro).

  1. Aumento dei trattamenti pensionistici di importo basso

Si prevede un intervento sulla somma aggiuntiva (la cosiddetta “quattordicesima mensilità”) teso sia ad aumentare gli importi corrisposti, sia ad estendere la platea dei beneficiari di circa 1,2 milioni di pensionati. Ciò sarà realizzato sia attraverso un aumento dell’importo per gli attuali beneficiari (circa 2,1 milioni di pensionati con redditi fino a 1,5 volte il trattamento minimo annuo INPS), sia attraverso l’erogazione della quattordicesima anche ai pensionati con redditi fino a 2 volte il trattamento annuo minimo INPS (circa 1.000 euro mensili nel 2016) nella misura prevista oggi.

Il Governo e le OO.SS. concordano sull’obiettivo di adottare interventi di equità sociale e di sostegno alla flessibilità in uscita dal mercato del lavoro per i lavoratori con periodi contributivi in gestioni diverse, per i lavoratori precoci e per i lavori usuranti (punti 3, 4 e 5).

  1. Cumulo gratuito dei periodi contributivi

Si conviene sull’obiettivo di consentire la possibilità di cumulare tutti i contributi previdenziali non coincidenti maturati in gestioni pensionistiche diverse, ivi inclusi i periodi di riscatto della laurea, ai fini sia delle pensioni di vecchiaia sia di quelle anticipate. Tale possibilità potrà essere esercitata senza oneri da tutti gli iscritti presso due o più forme di assicurazione obbligatoria dei lavoratori dipendenti, autonomi e degli iscritti alla gestione separata e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, in modo che possano conseguire un’unica pensione, anche nelle ipotesi in cui sia stato già maturato un autonomo diritto alla pensione presso una singola gestione. L’assegno pensionistico sarà calcolato pro-rata con le regole di ciascuna gestione.

  1. Lavoratori precoci

 Si concorda sull’obiettivo di favorire le carriere lavorative lunghe e iniziate in età molto giovane dai cosiddetti lavoratori precoci (cioè, per tutti quelli con 12 mesi di contributi legati a lavoro effettivo anche non continuativo prima del compimento del diciannovesimo anno d’età). In particolare, si prevede un intervento diretto a:

– eliminare le penalizzazioni sul trattamento pensionistico previste dall’articolo 24, comma 10, del D.L. 201/2011 in caso di accesso al pensionamento anticipato prima di 62 anni d’età;

 – per i lavoratori precoci (così come definiti sopra), consentire l’accesso alla pensione con 41 anni di contributi per disoccupati senza ammortizzatori sociali, persone in condizioni di salute che determinano una disabilità e lavoratori occupati in alcune attività particolarmente gravose.

Le categorie di lavoro gravoso di cui al precedente punto saranno individuate dopo un confronto tra governo e OO.SS. utilizzando tre criteri di massima: (i) l’attuale normativa che individua le attività usuranti e in particolare il decreto legislativo 67 del 2011; (ii) l’analisi delle mansioni per le quali, sulla base della normativa italiana e delle analisi scientifiche internazionali, si sono rivelati più alti i rischi di “stress lavoro correlato” (istituto previsto a livello europeo e recepito in Italia nel 2008); (iii) nei limiti della disponibilità dei dati, una verifica degli indici infortunistici e di malattie professionali in funzione del crescere dell’età anagrafica. La convergenza tra Governo e OO.SS. su questo punto resta ovviamente condizionata all’esito positivo di questo confronto.

  1. Lavori usuranti

Si conviene sull’obiettivo di introdurre nuove e migliori condizioni di accesso al pensionamento per le lavoratrici e i lavoratori occupati in mansioni usuranti ai sensi del decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67. In particolare, si concorda di:

– consentire l’anticipo del pensionamento di 12 o 18 mesi anche rispetto all’attuale normativa agevolata, attraverso l’eliminazione delle finestre di accesso previste dall’art. 24, comma 17bis del D.L. 201/2011;

– prevedere che l’accesso al beneficio possa avvenire, a partire dal 2017, avendo svolto una o più attività lavorative usuranti, sia per un periodo di tempo ameno pari a sette anni negli ultimi dieci di attività lavorativa, senza il vincolo di impiego in attività usurante nell’anno di raggiungimento del requisito, sia avendo effettuato l’attività particolarmente usurante per un numero di anni almeno pari alla metà dell’intera vita lavorativa;

– eliminare l’adeguamento dei requisiti alla speranza di vita a decorrere dal 2019;

– valutare la fattibilità amministrativa di semplificazioni relative alla documentazione necessaria per la certificazione del diritto di accesso al beneficio.

Il Governo, a fronte dei vincoli di finanza pubblica che ostacolano soluzioni più ampie, intende comunque introdurre un meccanismo finanziario di mercato che introduca elementi di flessibilità nelle scelte individuali (punti 6 e 7).

  1. Nuova forma di sostegno all’uscita flessibile dal mercato del lavoro – APE

Negli ultimi anni l’incremento dell’aspettativa di vita e le crescenti difficoltà occupazionali indotte dalla crisi economica hanno determinato condizioni nuove che si riflettono negativamente sul sistema previdenziale, facendo emergere una molteplicità di problemi che richiedono soluzioni diversificate. Il Governo intende prevedere strumenti diversificati di intervento che offrano una maggiore flessibilità per gestire l’uscita dal mercato del lavoro. Attualmente la flessibilità di uscita 3 per le generazioni ora prossime al pensionamento (sistema retributivo e misto della riforma Dini) è prevista solo per le carriere lunghe con il canale del pensionamento anticipato. Canale che trova negli interventi indicati una sua maggiore efficacia ed equità (precoci, usuranti e cumulo). Ma a ciò si contrappone una sostanziale rigidità nell’uscita dal mercato del lavoro per coloro che, non avendo maturato carriere molto lunghe, possono accedere al solo pensionamento di vecchiaia. Per questi motivi, le lavoratrici e i lavoratori con età anagrafica pari o superiore ai 63 anni e che maturano entro 3 anni e 7 mesi il diritto a una pensione di vecchiaia d’importo (certificato dall’INPS) non inferiore a un certo limite potranno accedere su base volontaria a un nuovo strumento finanziario, denominato Anticipo Pensionistico (APE). L’APE rappresenta un “flusso finanziario ponte” di ammontare commisurato alla pensione di vecchiaia attesa al raggiungimento dei requisiti anagrafici e certificata dall’INPS; flusso erogato fino alla maturazione degli ordinari requisiti pensionistici di età per la pensione di vecchiaia. Per l’APE è previsto un periodo di sperimentazione della durata di due anni.

APE volontaria

L’APE è richiesta presso l’INPS ed è finanziata da un prestito corrisposto da un istituto di credito. Contestualmente al prestito, il richiedente accende un’assicurazione contro il rischio di premorienza con una compagnia assicuratrice. L’APE è esente da imposte ed è erogata mensilmente per 12 mensilità. La restituzione del prestito (comprensiva degli interessi bancari e degli oneri relativi alla polizza assicurativa) avviene a partire della data di pensionamento con rate di ammortamento constanti per una durata di 20 anni. In caso di decesso del soggetto che ha avuto accesso all’APE, il capitale residuo sarà rimborsato dall’assicurazione con la quale è stata stipulata la polizza contro il rischio premorienza, e quindi non si rifletterà sulla eventuale pensione di reversibilità o sugli eredi. Il lavoratore o la lavoratrice interessati scelgono l’istituto di credito e la società assicuratrice fra quelli aderenti a un’apposita convenzione stipulata con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, nella quale saranno definite le condizioni standard di miglior favore.

APE agevolata

Ferma restando la non piena condivisione da parte delle OO.SS. sul meccanismo dell’APE, Governo e OO.SS. convengono sull’obiettivo, socialmente qualificato, di prevedere un’APE agevolata per alcune categorie, tramite la definizione di bonus fiscali aggiuntivi o di trasferimenti monetari diretti, volti a garantire un “reddito ponte” interamente a carico dello Stato per un ammontare prefissato (ferma restando la facoltà dell’individuo di richiedere una somma maggiore). Tale intervento agevolativo riguarderà alcune categorie di lavoratrici e lavoratori ritenuti in condizioni di maggior bisogno, sulla base di requisiti quali (a) lo stato di disoccupazione (e assenza di reddito), (b) la gravosità del lavoro (pesante o rischioso) per la quale la permanenza al lavoro in età più elevata aumenta il rischio di infortunio o di malattia professionale, (c) le condizioni di salute, (d) i carichi di lavoro di cura legato alla presenza di parenti di primo grado conviventi con disabilità grave. Le categorie di cui alla lettera (b) e alla lettera (c), nonché l’ammontare prefissato del reddito ponte agevolato saranno individuate dopo un confronto tra governo e OO.SS., tra le altre cose utilizzando i criteri richiamati al punto 4 del presente verbale. La convergenza tra Governo e OO.SS. in merito all’APE agevolata sociale resta ovviamente condizionata all’esito positivo di questo confronto.

APE e imprese

Nel caso di accordo tra le parti, al fine di agevolare la scelta del lavoratore, il datore di lavoro può sostenere i costi dell’APE attraverso un versamento all’INPS di una contribuzione correlata alla retribuzione percepita prima della cessazione del rapporto di lavoro, in presenza di accordi collettivi anche attraverso appositi fondi bilaterali in essere o appositamente creati, in modo da produrre un aumento della pensione tale da compensare gli oneri relativi alla concessione dell’APE. Allo stesso fine, il Governo si impegna a definire interventi di agevolazione fiscale per favorire quote di contribuzione aggiuntiva non ordinaria da parte del datore di lavoro alla previdenza complementare, al fine di potenziare la rendita temporanea erogata dalla previdenza complementare o la pensione integrativa per compensare gli oneri dell’APE. Tali soluzioni permetteranno di rafforzare la strumentazione per governare i processi di turnover aziendali anche attraverso l’individuazione di opportune forme di bilateralità.

  1. Uscite anticipate e flessibilità della previdenza complementare – RITA

Contestualmente, il Governo si impegna a realizzare un cambiamento normativo e fiscale della previdenza complementare per accrescere la flessibilità di utilizzo di tale strumento, al fine di adeguare le prestazioni della previdenza complementare anche alle necessità della gestione flessibile dell’uscita dal mercato del lavoro. In particolare, si definirà una modalità che consenta al lavoratore che ha maturato un montante in un fondo integrativo di attingere prima dell’età di pensionamento a tale montante, volontariamente e nella misura scelta, per poter usufruire di una rendita temporanea per il periodo che manca alla maturazione del diritto alla pensione (età del pensionamento di vecchiaia). Tale nuova opportunità (denominata “Rendita Integrativa Temporanea Anticipata”, RITA) sarà agevolata fiscalmente con una tassazione inferiore a quella attualmente prevista per le anticipazioni, e pari a quella prevista sulla pensione complementare erogata in rendita. Il Governo si impegna altresì a definire strumenti di incentivazione fiscale finalizzati ad agevolare l’utilizzo volontario del TFR accantonato presso l’impresa o di contributi aggiuntivi per accedere alla prestazione anticipate di previdenza complementare.

FASE II

Il Governo e le OO.SS. si impegnano a proseguire il confronto per la definizione di ulteriori misure di riforma del sistema di calcolo contributivo, per renderlo più equo e flessibile, per affrontare il tema dell’adeguatezza delle pensioni dei giovani lavoratori con redditi bassi e discontinui, per favorire lo sviluppo del risparmio nella previdenza integrativa, mantenendo la sostenibilità finanziaria e il corretto rapporto tra generazioni insiti nel metodo contributivo (punti 8 e 9).

  1. Interventi di riforma all’interno del sistema contributivo

In particolare, il confronto si svilupperà sui seguenti temi:

– in vista di un possibile intervento di riduzione strutturale del cuneo contributivo sul lavoro stabile al termine della fase attuale di esoneri temporanei, valutare l’introduzione di una pensione contributiva di garanzia, legata agli anni di contributi e all’età di uscita, al fine di garantire l’adeguatezza delle pensioni medio-basse;

– interventi sulla previdenza complementare, volti a rilanciarne le adesioni, a favorire gli investimenti dei fondi pensione nell’economia reale e a parificare la tassazione sulle 5 prestazioni di previdenza complementare dei dipendenti pubblici al livello di quella dei privati;

– favorire una maggiore flessibilità in uscita all’interno del sistema contributivo, anche con una revisione del requisito del livello minimo di importo (2,8 volte l’assegno sociale) per l’accesso alla pensione anticipata; – valorizzare e tutelare il lavoro di cura a fini previdenziali;

– nell’ambito del necessario rapporto tra demografia e previdenza e mantenendo l’adeguamento alla speranza di vita, valutare la possibilità di differenziare o superare le attuali forme di adeguamento per alcune categorie di lavoratrici e lavoratori in modo da tenere conto delle diversità nelle speranze di vita (si vedano le raccomandazioni del rapporto OCSE, Fragmentation of retirement markets due to differences in life expectancy, 2016);

– approfondire lo studio della separazione fra previdenza e assistenza a fini statistici e per la corretta comparazione della spesa previdenziale a livello internazionale.

  1. Perequazione dei trattamenti pensionistici

Il Governo si impegna sin d’ora, dopo il termine previsto dell’attuale meccanismo di rivalutazione dei trattamenti pensionistici per “fasce di importo”, a introdurre un sistema di perequazione basato sugli “scaglioni di importo”, confermando a partire dal 2019 il ritorno al meccanismo già previsto dalla legge 388/2000. Si impegna inoltre a valutare la possibilità di utilizzare un diverso indice per la rivalutazione delle pensioni, maggiormente rappresentativo della struttura dei consumi dei pensionati, e a valutare la possibilità di recuperare parte della mancata indicizzazione ai fini della rivalutazione una tantum del montante nel 2019.

Fonte:

http://www.ilsole24ore.com/pdf2010/Editrice/ILSOLE24ORE/ILSOLE24ORE/Online/_Oggetti_Embedded/Documenti/2016/09/28/Governo_sindacati_accordo.pdf