Dal Rapporto della Corte Dei Conti
sul coordinamento della finanza pubblica 2017
” 7. LA SPESA PER LA PREVIDENZA
Nel 2016 la spesa complessiva per prestazioni sociali in denaro (previdenziale e assistenziale) è cresciuta dell’1,4 per cento su base annua, mantenendosi stabile in termini di prodotto interno lordo (20,2 per cento). Tale incremento segna una decelerazione lungo un trend che si è avviato dopo la fase più acuta della crisi, quando si sono registrati picchi di crescita intorno al 5 per cento.
Al suo interno, la spesa pensionistica (oltre i tre quarti dell’aggregato) è cresciuta, secondo le stime della Nota di aggiornamento del DEF, dell’1,1 per cento; in presenza di una variazione del prodotto nominale di 1,6 punti percentuali, si è leggermente ridotta la sua incidenza sul Pil (dal 15,8 al 15,6).
LA SPESA PER PRESTAZIONI SOCIALI
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati ISTAT
Al di là di queste positive tendenze, la vivace crescita della spesa per previdenza ed assistenza durante gli anni di crisi (sia in quota di Pil, dal 16,4 al 20,2 per cento, che di spesa corrente primaria complessiva, dal 43,8 al 47,8 per cento) – che ha trovato il suo carburante in una spesa pensionistica sospinta da fattori strutturali e nell’esigenza di incrementare gli interventi a mitigazione del disagio sociale – spinge a rimarcare come l’attenzione alla sostenibilità macroeconomica di questo comparto debba comunque restare elevata, dal momento che alcuni elementi di solidità che distinguono in positivo il nostro sistema pensionistico nel panorama internazionale sono strettamente interrelati con la performance del Paese. Ma altri profili di sostenibilità, si sostiene nel Rapporto, necessitano di un’attenzione ancora maggiore. E’ certamente vero che, già oggi, in un universo di trattamenti pensionistici molto eterogeneo, il peso degli istituti assistenziali nell’ambito delle prestazioni previdenziali non è trascurabile: solo per integrazioni al minimo e maggiorazioni sociali si tratta di circa 3 milioni e 300 mila trattamenti per una spesa
complessiva di oltre 21 miliardi, di cui più di 9 miliardi relativi alla quota di integrazione/maggiorazione. Interventi, questi, la cui dimensione sta diminuendo mano a mano che le leve dei nuovi pensionamenti avvengono con anzianità contributive più importanti. La spesa pensionistica complessiva vedrà col tempo un alleggerimento di tali oneri.
A fronte di tale effetto positivo di breve termine, si porrà tuttavia il problema di gestire, nel più lungo andare, il tema dell’adeguatezza delle prestazioni, specie di quelle calcolate con il metodo puramente contributivo e che potrebbero risentire della
precarizzazione del mercato del lavoro degli ultimi due decenni, con la diffusione di carriere discontinue e livelli salariali contenuti; con la conseguenza di necessari supporti di natura non strettamente previdenziale.
Da questo punto di vista, l’analisi di un campione di 60 mila posizioni assicurative aperte presso l’INPS ed estratte dall’Istituto per la Corte ha fornito input utili per una riflessione sui trattamenti futuri di alcune figure tipo, correlati a retribuzione, anzianità contributive, età ed altri requisiti in essere a fine 2013.
Essi evidenziano come, considerando i valori medi delle principali determinanti della pensione, il trattamento dovrebbe rimanere lontano dalle soglie oggi considerate povere; non sono poche, però, le situazioni di fragilità, soprattutto quando ci si discosta dai requisiti medi.
SIMULAZIONE DI TRATTAMENTO PENSIONISTICO PROSPETTICO
IMPORTO MENSILE LORDO PER FIGURE TIPO (euro a prezzi 2013)
NB: le rette rossa e verde indicano rispettivamente gli importi medi mensili
dell’assegno sociale e della pensione integrata al minimo vigenti all’1.1.2016;
quella viola, la soglia genericamente indicata nel testo del Rapporto come
pensione povera.
L’importo mensile è ottenuto dividendo l’ammontare annuo per tredici mensilità
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati INPS
In conclusione, le evidenze e le analisi presentate nel Rapporto suggeriscono di guardare al tema della spesa previdenziale e delle sue prospettive con “tranquilla attenzione”, forti del fatto che molto è stato già realizzato, ma consapevoli, al contempo, che dopo il meritorio ma troppo lungo ciclo di riforme l’agenda del “più da farsi” non può certo considerarsi vuota. Nel rivendicare, anche a livello internazionale, la scelta di aver optato per un impianto strutturalmente sano (basato sul sistema di calcolo attuariale che sconta contributi versati e speranze di vita), non va dimenticato poi che la sua stabilità trova una condizione essenziale, specie in un sistema a ripartizione, nella crescita duratura del reddito e dell’occupazione.
Sotto il profilo microeconomico, oltre ad aspetti legati alla flessibilità nell’accesso al pensionamento, vi è da chiedersi in che misura, nel medio-lungo termine, i trattamenti di natura previdenziale si “intrecceranno” con quelli più tipicamente assistenziali; il che induce a ritenere che il tema di come governare le esigenze assistenziali anche in età non di lavoro assumerà in futuro grande rilievo. E’ una ragione in più per sviluppare ulteriormente il Dossier sul riordino degli strumenti di assistenza e farlo in un’ottica di analisi unitaria ed integrata con la questione previdenziale.
8. LA SPESA PER L’ASSISTENZA
La spesa per l’assistenza ammontava nel 2015 a 36 miliardi, il 2,2 per cento del Pil. La componente più importante è costituita dalla tutela dell’invalidità (pensioni e indennità di accompagno) con il 47 per cento della spesa complessiva, seguita dalla voce “altri assegni e sussidi” (37,7 per cento), in cui sono contenuti sussidi di vario tipo per l’indigenza economica nonché il bonus Irpef di 80 euro, e dalla spesa per pensioni e assegni sociali con il 13 per cento, mentre le pensioni di guerra assorbono poco meno dell’1,7 per cento.
LE PRESTAZIONI ASSISTENZIALI IN DENARO:
COMPOSIZIONE TRA SETTORI DI INTERVENTO
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati ISTAT
Già la Commissione Onofri negli anni novanta individuava tra le criticità del sistema la sproporzione tra prestazioni in denaro e in natura, la estrema categorialità degli interventi, la frammentarietà delle misure e, non ultimo, l’assenza di uno strumento universale di sostegno ai redditi insufficienti. Segnalava inoltre un eccessivo sbilanciamento della spesa a favore degli anziani, nonchè la mancanza di un adeguato sistema di accertamento dei redditi. Veniva sollecitata l’istituzione di uno
strumento di copertura universale per il rischio di non autosufficienza, sul modello di quello tedesco.
La Commissione, infine, auspicava una legislazione nazionale sull’assistenza, che definisse chiaramente le responsabilità dei diversi livelli di governo nelle funzioni di indirizzo, programmazione e gestione dei servizi. Nel 2000 questa legge veniva
finalmente approvata e poco prima veniva istituito il Fondo per le politiche sociali che raggruppa tutti gli stanziamenti previsti dalla legislazione nelle diverse aree di intervento.
Rispetto alle criticità elencate dalla Commissione Onofri, alcuni passi avanti sono stati fatti in questi ultimi anni nella direzione di una redistribuzione delle risorse dalla funzione pensioni alle altre: sono cresciute le risorse per la lotta alla povertà ed è stato raggiunto con l’istituzione dell’indicatore di situazione economica equivalente (ISEE), l’obiettivo della creazione di uno strumento unico di valutazione per l’accesso alle prestazioni. Ancora non tutte le prestazioni assistenziali fanno riferimento a questo metro di valutazione (pensioni assistenziali, maggiorazioni, ecc.), ma si tratta di un passo verso la completa unificazione del criterio di selettività.
Nel corso della stesura di questo Rapporto è stato poi approvato il disegno di legge delega che istituisce una importante misura universale di sostegno (il Reddito di inserimento, Rei), accompagnato da misure di intervento indirizzate alla persona, al
fine di incentivare l’uscita dalla povertà.” (1)