Illegittima la norma contenuta nel Decreto “salva Italia” con cui era stato bloccato l’adeguamento al costo della vita delle pensioni, lo afferma la Corte Costituzionale.
Una verdetto che costerà 5 miliardi di euro allo Stato
La Consulta ha dichiarato incostituzionale l’articolo 24 del decreto legge 201/2011. Norma che per il biennio 2012 e 2013 aveva bloccato il meccanismo della perequazione, che consentiva di adeguare le pensioni al costo della vita per chi percepiva un trattamento pensionistico tre volte superiore al minimo inps.
Nel testo della sentenza, la Corte Costituzionale sottolinea che <<…L’interesse dei pensionati, in particolar modo di quelli titolari di trattamenti previdenziali modesti, è teso alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite, da cui deriva in modo consequenziale il diritto a una prestazione previdenziale adeguata”. Tale diritto “risulta irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio”. In particolare risultano “intaccati i diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale, fondati su inequivocabili parametri costituzionali: la proporzionalità del trattamento di quiescenza, inteso quale retribuzione differita (art. 36, primo comma, Cost.) e l’adeguatezza (art. 38, secondo comma, Cost.)”. Quest’ultimo “è da intendersi quale espressione certa, anche se non esplicita, del principio di solidarietà di cui all’art. 2 Cost. e al contempo attuazione del principio di eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3, secondo comma, Cost.>>