SANITÀ, DISUGUAGLIANZE E POVERTÀ
di Franco Marchiori
Il costante martellamento sull’andamento dei contagi da Covid 19 può essere un motivo di riflessione sulla situazione della sanità che in questi due ultimi anni ha messo a dura prova la sanità pubblica.
Con il manifestarsi della crescita tumultuosa dei contagi e delle necessità di ricoveri ospedalieri veniva radicalmente cambiata la organizzazione degli ospedali pubblici, nei quali le persone sono state curate nel periodo più impegnativo e più intenso della cura rispettando il principio universalistico di parità di accesso e di trattamento, con grande sacrificio da parte del personale sanitario ed in particolare quello impegnato nelle terapie intensive. Tuttavia, durante la complessa fase di ricerca di cure e medicinali più efficaci si verificava una elevata mortalità soprattutto tra le persone più anziane. Venivano sospese le attività della sanità ordinaria, quella non Covid, riguardante interventi programmati, esami, visite specialistiche).
La luce in fondo al tunnel della pandemia è rappresentata dai vaccini definiti da papa Francesco bene comune dell’umanità in quanto il contrasto e la lotta alla pandemia è un problema mondiale. Invece si è’ creata una situazione di forte disuguaglianza in quanto i paesi più poveri, come l’Africa hanno ricevuto solo una piccola porzione di quanto era stato loro promesso. Intanto il virus ha tutto il tempo di trasformarsi in varianti allontanando nel tempo la possibilità di bloccare la pandemia.
Le difficoltà di produzione e distribuzione a livello mondiale potrebbe essere favorita dalla sospensione dei diritti sui brevetti per questo tipo di farmaci e da accordi per la concessione delle licenze di produzione.
La campagna di vaccinazione, iniziata ai primi mesi di quest’anno, sviluppata in maniera incisiva in tutto il Paese ha prodotto una accentuata diminuzione di persone contagiate e la graduale ripresa delle attività economiche, scolastiche e sociali. Sono state riprese le prestazioni sanitarie arretrate non collegate al Covid-19.
Ma la priorità alla cura del Covid ha causato ritardi o mancate prestazioni della sanità ordinaria (interventi programmati, esami, visite specialistiche), spesso con grave pericolo per la salute.
La Regione Veneto, ha ripreso la erogazione delle prestazioni sanitarie ordinarie arretrate che secondo i dati di ottobre ammontavano a circa 400 mila. Per questo la giunta regionale ha deliberato di ricorrere a prestazioni aggiuntive da reperire sia all’interno del Servizio Sanitario Regionale, sia ricorrendo al privato accreditato. Si evidenzia che si sono avute anche gravi conseguenze” indirette “del COVID sulla salute dei cittadini fino provocare aumenti di mortalità nel campo oncologico (screening non fatti e aumento di neoplasie) e cardiologico (con aumento di infarti ed interventi sempre più difficoltosi.
Prima del coronavirus, la spesa per la sanità privata, per nove decimi circa era costituita da spese di tasca propria, aveva raggiunto un livello elevato (circa 40 miliardi di euro pari al 26% del totale della spesa sanitari complessiva (26 %). Ma la spessa privata generata dalla mancata risposta della sanità pubblica, anche per le sospensioni imposte alla sanità ordinaria, aumenta le disuguaglianze tra quanti possono pagare, per la diversa incidenza della spesa sul reddito, e tra questi e tra coloro che non possono pagare di tasca propria.
Ma siamo in una situazione economica e sociale caratterizzata da crescenti disuguaglianze è cresciuta di conseguenza la povertà e nell’ambito di questa anche la povertà sanitaria ogniqualvolta le persone e le famiglie non sono in grado di sostenere spese per visite specialistiche ed esami per accertamenti che si possono ottenere solo pagando di tasca propria. Altre forme di povertà insorgono quando le persone sonno irregolarmente presenti nel nostro territorio.
La risposta ai bisogni sanitari collegati alle situazioni di povertà sanitaria dipendere unicamente dalla generosità e dalle iniziative umanitarie e caritatevoli di enti ed associazioni: per affrontare questi problemi la Giunta regionale ha deliberato nel mese di luglio di promuovere una collaborazione tra le Asl e enti del terzo settore traendo spunto dalla esperienza maturata con la ONG Emergency fin dal 2017.
Ma in questo periodo, nonostante che nel Veneto ed in Italia sia stata raggiunta una percentuale di persone vaccinate tra le più elevate in Europa (85 – 86 %), è ripresa la crescita dei contagi per cui è stata decisa la somministrazione della terza dose di vaccini.
È altresì aumentato il numero dei ricoveri ospedalieri e nelle terapie intensive con forte incidenza delle persone non vaccinate. Dopo i confronti a livello istituzionale e di rappresentanza politica si sono adottate misure più restrittive nell’uso del green pass in ordine alle possibilità di accesso al lavoro ed in altri luoghi pubblici.
L’aumento delle persone vaccinate dipende da una corretta informazione sulla validità scientifica dei vaccini e dalla consapevolezza che i diritti dei singoli, circa le scelte di vaccinarsi o meno, devono tenere conto delle esigenze della salvaguardia della salute pubblica.
Per il Veneto è stato annunciato un aumento dei posti di terapia intensiva nel settore di urgenza ed emergenza. I medici e gli infermieri di questo settore, che sono fortemente esposti al contagio con conseguenze talvolta mortali, esausti per il forte impegno in questi anni di pandemia, hanno chiesto un rafforzamento degli organici dato il forte divario del loro numero rispetto alle necessità di organico. Inoltre, la specialità delle medicine di urgenza ed emergenza viene scelta sempre meno tra le specializzazioni mediche.
La pandemia ha fatto riscoprire la centralità della sanità pubblica. Questo implica un rafforzamento delle sue funzioni e maggiori finanziamenti del Servizio Sanitario Nazionale utilizzando anche i fondi del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Nell’ambito dei problemi da affrontare diventano prioritarie due questioni fondamentali: la formazione e preparazione dei medici e del personale sanitario e il rilancio della sanità territoriale.
Infatti si è aggravata la mancanza di medici specialisti, ed in particolare nel settore della urgenza ed emergenza, come prima evidenziato, e di medicina generale, cioè dei medici di famiglia. Occorre operare decisamente per una adeguata programmazione della formazione di medici specialisti il cui numero si ripercuote sulla organizzazione sanitaria che compete alla Regione, già da diverso tempo carente di organici. Va rivisto il rapporto contrattuale ed il sistema delle remunerazioni al fine di mantenere il rapporto di lavoro nell’ambito della sanità pubblica.
La pandemia ha fatto maturare la generale consapevolezza della necessità di rafforzare la sanità territoriale secondo il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – PNRR- finanziato dall’Europa rilanciando la funzione dei distretti nei quali opereranno, secondo le configurazioni più opportune adottate dalla Regione, le Case della Comunità e gli Ospedali di Comunità, l’assistenza domiciliare e lo sviluppo della telemedicina nel contesto dell’integrazione di tutti i servizi socio-sanitari.
Nelle case della Comunità opererà un team multidisciplinare di medici di medicina generale e pediatri di libera scelta che insieme alla figura dell’infermiere di famiglia, interagiranno con specialisti ambulatoriali e altre figure socio sanitarie.
Va fatta presente l’elevato numero di persone anziane con malattie croniche e in condizioni di non autosufficienza. L’impatto del coronavirus sulle case di riposo e sulle RSA ha accentuato il problema della scarsità e della qualità del personale, in quanto i dipendenti con la qualifica di infermiere sono sempre più richiesti dagli ospedali.
È previsto un incremento della assistenza domiciliare che attualmente in Italia è prestata per il 6% dei cittadini over 65 anni in modo da raggiungere la quota del 10% tramite un investimento di 4 miliardi di euro. Va evidenziato che in questa prospettiva va favorito un adeguato riconoscimento delle figure delle badanti e dei caregiver familiari.
Il PNRR si pone l’obiettivo di sostenere forme diversificate di residenzialità (co-housing e alloggi protetti). Tuttavia non va dimenticato che un numero crescente di anziani con problemi seri di non autosufficienza e deboli reti familiari di supporto non hanno alternative alla scelta residenziale.
E’ atteso il superamento di questa fase delicata della pandemia, in coerenza con il principio universalistico, con provvedimenti che consentano di superare la fase di emergenza per addivenire ad una situazione in cui il numero delle persone colpite da Covid possano essere curate dal Servizio Sanitario Nazionale senza sacrificare la sanità ordinaria utilizzando tutti gli investimenti previsti per la sanità e quelli del PNRR.
Si spera che prevalga la consapevolezza dei fattori determinanti per la salute pubblica tra chi ha la responsabilità di governo della sanità a livello nazionale e regionale.
Il rischio è un ulteriore rinvio del recupero di quanto è stato trascurato nella sanità ordinaria non Covid e le conseguenze in termini di mancata cura, di mortalità e di disuguagliane.