Più considerazione per i disabili e le loro famiglie
Il segretario regionale della Fap Acli, Francesco Roncone: “famiglie con disabili costrette a vivere sotto la soglia di povertà”
Pochi euro al mese in cambio della disabilità. Ben 55mila persone, ed il numero è destinato ad aumentare, che ricevono tra i 97 ed i 173 euro mensile di pensione di invalidità, inabilità e reversibilità. La FAP Acli si ribella e chiede che venga rispettato il disposto dell’art. 38 della Carta costituzionale repubblicana, dove si legge a chiare lettere che “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale”. La Federazione anziani e pensionati delle Acli non ci sta, perciò ha messo in moto i territori per raccogliere le firme per la sottoscrizione di una proposta di legge indispensabile per ridare dignità alla persona, a tutte le persone, in particolare a coloro che vivono una pesante condizione di disabilità. Con questo spirito, lo scorso 6 giugno 2015 al Circolo ufficiali di Castelvecchio a Verona, la Sede regionale della FAP Acli ha deciso di promuovere un incontro di sensibilizzazione ed informazione, al quale hanno preso parte numerosi parlamentari del territorio appartenenti ai più diversi schieramenti. Tra i parlamentari intervenuti, l senatori Stefano Bertacco, Cinzia Bonfrisco e Giovanni Endrizzi, e gli onorevoli Alessia Rotta e Federico Ginato, nonché il capogruppo in Regione Veneto del Movimento 5 Stelle Jacopo Berti ed il sindaco di Verona, Flavio Tosi, che ha portato il saluto all’assemblea. “I parlamentari, che hanno tutti sposato la proposta della FAP Acli – spiega il segretario regionale Francesco Roncone – saranno chiamati a farsi parte attiva, nei tavoli istituzionali, affinché la proposta di legge possa ottenere il necessario e dovuto riscontro”. Ecco i termini della questione: a quasi vent’anni dall’entrata in vigore della Riforma Dini (la legge 335/1995), la proposta della Fap Acli cerca di porre rimedio ai casi che si stanno verificando, di grande rilevanza sociale, situazioni di emergenza nelle quali, in caso di invalidità, gli importi irrilevanti di pensione maturata mettono in gioco la stessa tutela costituzionale dell’art. 38, pur in presenza di requisiti identici a quelli anteriori alla Riforma. “Non dobbiamo dimenticare – chiosa il segretario Francesco Roncone – che il sistema previdenziale pubblico è nato proprio per rispondere ad esigenze solidaristiche nelle situazioni emergenti di perdita o di cessazione del reddito da lavoro. Il progetto di legge si prefigge, dunque, in assenza di disegni di rivisitazione del sistema contributivo in grado di conciliare non solo la correlazione dei trattamenti pensionistici con la contribuzione versata, ma anche con la salvaguardia di principi elementari di solidarietà propri del sistema previdenziale pubblico, di risolvere alcune situazioni emergenziali di povertà, pur in presenza del diritto alla prestazione previdenziale”. In tali casi, la proposta di legge messa a punto dalla Fap Acli si propone di introdurre, a carico del sistema previdenziale obbligatorio un’integrazione al minimo vitale nei casi di invalidità e di inabilità e delle pensioni di reversibilità di importo inferiore, per raggiungere il livello di reddito minimo di 7mila euro annui. Viene altresì posto l’obiettivo di garantire questa integrazione in situazioni che necessitano di tutela particolare in presenza di figli minori o inabili. Ciò nell’accezione che la maturazione di un requisito previdenziale, nei casi di rilevanza costituzionale, non può lasciare comunque nell’indigenza – anche molto grave – le persone che lo hanno maturato. La proposta potrebbe trovare i finanziamenti necessari nel fondo che il Governo ha deciso di creare presso l’Inps con la legge di Stabilità 2015 al comma 709. [matteo.crestani@acli.it]