TREVISO – Indagine Acli: ripartiamo preoccupati, un po’ più poveri e bisognosi di sostegno psicologico
Preoccupati. Un po’ più poveri e bisognosi di sostegno anche psicologico. E con un rinnovata sensibilità per le relazioni sociali e le questioni ambientali. Alla fine del lockdown, veneziani e trevigiani si presentano in questo modo ai nastri di ripartenza della fase 2. Il quadro emerge da un questionario on line promosso dalle Acli provinciali di Venezia e Treviso a cavallo tra aprile e maggio, che ha coinvolto un campione di 650 persone. “Con questa iniziativa – sottolineano i presidenti delle Acli trevigiane Laura Vacilotto e veneziane Paolo Grigolato – abbiamo cercato di indagare i nuovi bisogni delle nostre comunità, emersi durante l’emergenza coronavirus e in particolare il periodo di lockdown. Un modo per cominciare a progettare fin da subito il post-emergenza, capendo quale sia la risposta migliore che la nostra associazione e i nostri servizi potranno dare ai cambiamenti prodotti da questa crisi”.
Lo stato d’animo dominante è quello della preoccupazione e dell’incertezza. Preoccupazione in particolare per la salute dei propri cari (4,4 su una scala di 1 a 5) prima ancora che per la propria (3,5). E incertezza per le ripercussioni a livello economico. Netta in quest’ultimo caso la differenza tra pensionati e lavoratori, entrambi rappresentanti un terzo del campione: se i primi prevedono una riduzione minima del proprio reddito (-0,3%), ben più marcati sono i timori dei secondi (-15%). Il 61% dei lavoratori prevede una diminuzione delle entrate con punte fino al 50%: d’altronde solo il 32% ha continuato a recarsi regolarmente sul posto di lavoro anche durante l’emergenza. Il 95% dei potenziali beneficiari ha richiesto o richiederà il bonus per i lavoratori autonomi. Si contraggono di conseguenza i consumi per i beni non essenziali, soprattutto per tempo libero (-18%) e abbigliamento (-14%).
Tale incertezza, amplificata dalle particolari condizioni di vita durante il lockdown ma anche dalla difficoltà di “riabituarsi” al quotidiano nella fase 2, influisce non poco sullo stato psicologico delle persone. Il 10% del campione ha sentito bisogno di un supporto da questo punto di vista (non riuscendo a trovarlo nel 3% dei casi): una situazione da non sottovalutare, ma di cui, essendo concentrati esclusivamente sul fattore economico, non si fanno carico i provvedimenti fin qui adottati.
Nel corso dell’emergenza il maggior grado di fiducia è stato riscosso dalle associazioni di volontariato (4 su una scala da 1 a 5), seguite a ruota dalla Protezione civile (3,9) e dal sistema sanitario nazionale (3,7). Seguono le istituzioni, tra cui la Regione Veneto (3,7) primeggia nettamente su Comuni (3,3), governo nazionale (3) e Unione europea (2,1). Guardando al futuro, invece, l’esperienza vissuta cambierà la consapevolezza delle persone soprattutto rispetto alle relazioni sociali (3,6), a pari merito con le questioni ambientali: un aspetto quest’ultimo un po’ a sorpresa, ma che dimostra come la pandemia abbia aperto probabilmente gli occhi a molti sul precario equilibrio tra l’uomo e le risorse naturali.
“Abbiamo raccolto dati molto diversi tra loro – concludono Grigolato e Vacilotto -, che ci interrogano e ci spingono a ripensare il nostro impegno a servizio delle comunità, come corpi intermedi tra i cittadini e le istituzioni chiamati a farsi carico delle istanze dei primi e a proporre vie di sviluppo alle seconde. Nessuno può uscire da solo da questa emergenza epocale: come sottolineato da papa Francesco in piena pandemia, è il momento di riscoprire il nostro essere fratelli”.